Parte della chimica che si occupa dello studio dei composti del carbonio,
esclusi i più semplici (quali CO, CO
2, CS
2, HCN,
ecc.). A prima vista sembra irrazionale che esista un così grande
capitolo solo per i composti di un solo elemento; occorre però ricordare
che: a) i composti del carbonio costituiscono una serie abbastanza omogenea, che
si differenzia notevolmente dagli altri elementi; b) i composti del carbonio
sono in numero grandissimo (oltre 1 milione 500.000 conosciuti) che aumenta
rapidamente di giorno in giorno; c) la vita sul nostro pianeta è basata
sulle trasformazioni di composti di carbonio; d) nella chimica del carbonio
occorre introdurre dei nuovi concetti, non necessari nello studio dei composti
degli altri elementi; e) i metodi di indagine sui composti del carbonio sono
diversi da quelli utili per gli altri elementi. Tutti questi motivi, e molti
altri ancora, rendono ragione del fatto che la
c.o., che nel secolo
scorso si presentava assolutamente separata da quella inorganica, sia ancora
distinta da questa, almeno da un punto di vista didattico e di comodo. Il nome
c.o. è ormai consacrato; esso fu creato nel XVII sec. per indicare
la branca della chimica che si dedicava allo studio delle sostanze che fanno
parte degli organismi viventi. Si credeva infatti che queste sostanze si
formassero solo sotto la spinta della
vis vitalis, cioè della
forza vitale propria degli organismi viventi, che non era quindi possibile
riprodurre in laboratorio. Questa definizione è dovuta al grande chimico
J. J. Berzelus (1779-1848). È opportuno fare una breve digressione
storica. Le sostanze organiche, proprio per il fatto di essere le più
diffuse nel mondo vivente (oggi si dice nella
biosfera), furono
conosciute seppure sommariamente fino dall'antichità. Di alcune di esse
si conoscevano anche certe trasformazioni: ad es. era noto che il mosto di uva
(contenente zuccheri) poteva trasformarsi in vino (contenente alcool etilico,
per effetto di una fermentazione) e che questo, lasciato all'aria, si
trasformava in aceto (contenente acido acetico). Naturalmente non ci si rendeva
conto di che cosa producessero queste trasformazioni e tanto meno erano chiari i
loro meccanismi. Per molti secoli si produsse vino e aceto e basta: solo verso
il 1.000 d.C. si imparò a distillare lo
spirito (cioè
l'alcool etilico) dal vino per fare bevande a più alta gradazione
alcolica, cioè acquavite (o
acqua vitae). Anche altri prodotti
organici (coloranti, zuccheri, profumi, ecc.) furono noti sommariamente fin
dall'antichità, insieme con il metodo per ricavarli da piante o animali.
La
iatrochimica (V. CHIMICA) iniziò
lo studio delle trasformazioni delle sostanze organiche, dato che il suo scopo
era appunto quello di agire con medicamenti sul corpo umano; naturalmente i
risultati furono pari alle conoscenze del tempo. Ancora nel XVII sec. si dava
più importanza all'aspetto esteriore delle sostanze (colore,
fluidità, ecc.) che alla loro vera natura. Così l'olio di oliva
veniva assimilato all'olio di vetriolo (acido solforico), il burro prodotto dal
latte al burro di antimonio (tricloruro di antimonio SbCl
3) e
così via. Naturalmente queste somiglianze inducevano in gravi errori. Nel
XVII sec. si iniziò a separare qualche sostanza (acido succinico, acido
benzoico, ecc) dalle miscele di sostanze naturali. Nel secolo seguente,
soprattutto verso la fine, iniziarono le indagini sulle singole sostanze (per lo
più vegetali). È da ricordare il chimico svedese C.W. Scheele, il
quale dal 1769 al 1785 isolò molti dei più comuni acidi organici
(tartarico, citrico, malonico, lattico, gallico, ossalico) e la glicerina. Con
la riforma di Lavoisier (introduzione nella chimica di metodi qualitativi) e con
i successivi progressi nella identificazione degli elementi e nella chimica
analitica, apparve sempre più grande la differenza fra i composti
organici e quelli inorganici. Mentre questi sono costituiti da un grande numero
di elementi, combinati fra loro in modo che ogni molecola ne contiene un numero
relativamente basso, l'analisi elementare dei composti organici mostrava che
essi erano costituiti essenzialmente da carbonio e idrogeno; accanto a questo
potevano comparire anche ossigeno, azoto, fosforo, zolfo e alogeni. Solo molto
più tardi si isolarono (o si prepararono) composti organici contenenti
anche altri elementi, soprattutto metalli. Inoltre le sostanze organiche
apparivano generalmente basso-bollenti, spesso instabili al calore. Questo
d'altronde è ovvio, dato che esse si formano negli organismi viventi, i
quali si trovano solo in ambienti a temperatura assai vicina a quella ordinaria.
La teoria della forza vitale era però destinata a soccombere. Nel 1824 F.
Wöhler preparò l'acido ossalico (composto organico) dal cianogeno
(inorganico); nel 1828 lo stesso studioso preparò l'
urea, tipico
prodotto organico, caratteristico dell'urina dei carnivori, a partire dal
cianato di ammonio, che è un tipico composto inorganico (preparabile a
sua volta da carbone e ammoniaca, o se si vuole, da carbone, azoto e idrogeno).
Successivamente (1848) Frankland e Kolbe prepararono l'acido acetico da composti
inorganici; Berthelot (1854) preparò analogamente dei grassi, e
così via. La barriera che divideva il regno vivente da quello inorganico
non era ancora abbattuta del tutto. Si scoperse infatti che molti composti
organici preparati per sintesi in laboratorio non erano dotati di potere
rotatorio (cioè non ruotavano il piano della luce polarizzata) a
differenza dei composti naturali apparentemente identici. Solo con le ricerche
di L. Pasteur sulla simmetria molecolare verso il 1860 si appurò che
anche le sostanze preparate in laboratorio avevano lo stesso potere, ma che
questo non era constatabile in quanto si formavano in
miscela racemica
V. ISOMERIA), cioè in miscela di due
isomeri ottici uno dei quali ruotava la luce in un senso mentre l'altro lo
ruotava in quello opposto, dimodoché l'insieme risultava otticamente
inattivo. Lo stesso Pasteur isolò degli isomeri ottici con dei metodi
originali in uso ancora oggi. Con l'accumularsi delle scoperte e il
perfezionamento dei metodi di analisi le ricerche in
c.o. diedero dei
risultati sempre più prestigiosi. Oggi si sanno sintetizzare lunghissime
catene con centinaia di atomi disposti secondo uno schema rigoroso. Basti
pensare alla sintesi della
insulina, la cui catena è composta da
ben 21 amminoacidi uniti secondo uno schema ben preciso; si noti che la sua
catena contiene ben 249 atomi di carbonio, senza contare quelli di idrogeno,
ossigeno, azoto e zolfo. Oggi queste sintesi di gigantesche molecole che sono
alla base della vita sono già ad uno stadio avanzato: le proteine stanno
per essere prodotte per sintesi su scala industriale. Si può veramente
affermare che tutte le molecole naturali sono sintetizzabili o lo saranno in un
futuro non molto lontano. Nello stesso tempo sono state prodotte centinaia o
migliaia di sostanze utili all'uomo e non esistenti in natura; basti pensare
alle materie plastiche, alla maggior pane degli elastomeri, alle fibre tessili
sintetiche. Nei primi decenni del prossimo secolo si prevede sarà
possibile giungere addirittura alla sintesi completa della prima cellula
vivente. Pertanto oggi si continua a chiamare organica questa chimica anche se
essa non si occupa più solo delle sostanze di origine animale o vegetale,
ma di tutte le sostanze che sono essenzialmente composti del carbonio: sarebbe
perciò più esatto adottare il termine (proposto ormai da decenni)
di
chimica del carbonio. ║
Metodi della c.o. Una volta
isolata o preparata una nuova sostanza, si pone il problema di stabilire se essa
è effettivamente tale. A volte ciò può essere fatto in modo
relativamente veloce, studiandone le costanti fisiche, gli spettri
all'infrarosso e all'ultravioletto, la diffrazione dei raggi X, il potere
rotatorio, ecc. Quando si ritiene che questa sostanza sia identica ad una
già conosciuta, ciò può essere confermato semplicemente
osservando se una miscela di questa nuova sostanza con quella che si ritiene ad
essa identica ha le stesse proprietà fisiche (ad es. punto di fusione o
di ebollizione) della nuova sostanza preparata. Se questa non risulta coincidere
con nessuna di quelle (numerosissime!) conosciute, si pone il problema di
determinarne tutte le proprietà, in primo luogo la formula molecolare e
la struttura. Il primo stadio è generalmente l'analisi elementare. Con
essa si determina quali elementi sono presenti nella molecola e in quale
rapporto fra loro. Ad es. per il benzene (formula ormai nota,
C
6H
6) si troverebbe che esso è composto di carbonio
e idrogeno in rapporto 1:1. Si pone ora il problema di determinare il peso
molecolare. Nell'esempio fatto si potrebbe ipotizzare ognuna delle seguenti
molecole: CH (da scartare perché impossibile, date le teorie sulla
valenza), C
2H
2, o C
3H
3,
C
4H
4, C
5H
5,
C
6H
6, C
7H
7, ecc. Dato che si trova
peso molecolare 78 si può concludere che l'unica formula possibile
è C
6H
6. A questo punto si tratta di stabilire la
formula di struttura. La cosa è spesso complessa per i fenomeni di
isomeria che intervengono in tutti i composti eccetto i più
semplici. Ad es. un idrocarburo (pentano) avente formula bruta
C
5H
12 può avere le seguenti formule (tutte
possibili conservando la tetravalenza del carbonio e la monovalenza
dell'idrogeno):

La scelta fra questi tre isomeri
non può essere fatta a priori; infatti essi esistono tutti e hanno i nomi
di n-pentano, isopentano, neopentano. Man mano che la formula diventa più
complessa o intervengono dei sostituenti, il numero di possibili isomeri
aumenta. Così per l'idrocarburo C
30H
62 si calcola
che esistano più di 4 miliardi di isomeri. La formula di struttura di un
composto viene stabilita pazientemente distruggendolo e osservando i prodotti di
distruzione (ad es. con una ossidazione prima spinta e poi sempre più
blanda). Per molecole molto complesse esistono tecniche assai raffinate, come la
mappa di Fourier ottenuta mediante lo sviluppo in serie dello spettro di
diffrazione coi raggi X, che permettono di tracciare (con l'aiuto di un
calcolatore elettronico) una vera e propria mappa tridimensionale della
struttura della molecola. Nonostante tali mezzi questi problemi sono tutt'altro
che semplici, spesso occorrono molti anni per stabilire la struttura di una sola
sostanza. È consolante tuttavia il fatto che prima dell'uso di questi
mezzi la ricerca della struttura di una molecola complessa poteva impegnare
diverse generazioni di chimici. ║
Nomenclatura. Molti composti
chimici organici hanno un nome che ricorda la loro origine naturale; molti altri
invece hanno un nome di fantasia o addirittura un nome derivato da un marchio
commerciale. La IUPAC (Unione Internazione per la Chimica Pura e Applicata) ha
però pubblicato nel 1958 delle regole di nomenclatura, adottate
ufficialmente e continuamente aggiornate e completate, per la designazione con
un nome scientifico delle sostanze organiche. Questa nomenclatura ha il pregio
che dal nome della sostanza è possibile ricostruirne la formula di
struttura; per contro in certi casi è abbastanza laboriosa, onde si tende
ad adottarla solo in parte. Le
paraffine, cioè i composti saturi
di solo carbonio e idrogeno, vengono lette nel seguente modo. Ai primi termini
vengono dati i nomi ormai in uso da tempo,
precisamente:
CH
4 metano
C
2H
6 etano
C
3H
8 propano
C
4H
10 butano
I
successivi termini prendono nome dal numero di atomi di carbonio presenti nella
molecola; ad es. C
5H
12 è detto
pentano,
C
6H
14 esano, ecc. Se queste paraffine sono
cicliche, il nome è preceduto dal prefisso
ciclo-. Così il
composto C
5H
10 avente struttura:

è detto
ciclopentano. Le
olefine (composti di
solo carbonio e idrogeno contenenti dei doppi legami) hanno il nome della
paraffina da cui si possono pensare derivate per deidrogenazione, ma terminano
in -
ene. Il termine C
2H
4 è detto
etilene; il C
3H
6 è detto
propilene:
gli altri seguono rigorosamente la regola; ad
es.:
CH
2=CH―CH
2―CH
2―CH
3CH
3―CH
2―CH=CH―CH
2―CH
2―CH
3sono
rispettivamente il
pentene e l'
eptene. Dato che si può
avere isometria per il doppio legame, occorre precisarne la posizione.
Ciò si fa premettendo un numero che la indica; questo numero è il
numero d'ordine del primo carbonio della catena al quale è legato il
doppio legame; il conto degli atomi di carbonio è fatto a partire dal
capo della catena più vicino al doppio legame. Così i due composti
di cui si è riportata la formula sono più esattamente lo
1-pentene (o pentene-1) e il
3-eptene (o eptene-3). Nel caso degli
idrocarburi acetilenici, che presentano nella molecola un triplo legame,
la desinenza è in -
ino. Così si dirà:
CH
≡ CH etino (o acetilene)
CH ≡
C―CH
3 propileno (o allilene)
CH ≡
C―CH
2―CH
3 butino (o
etilacetilene)
e così via. Nel caso di olefine aventi due o
più doppi legami nella molecola, la desinenza da usare è
-
diene. Pertanto il
composto:
CH
2=CH―CH=CH
2sarà
il
butadiene. In questo caso non vi è possibilità di errore
sulla posizione dei doppi legami; se vi fosse occorrerebbe precisarne la
posizione, onde si direbbe
1,3-butadiene, ovvero
butadiene-1,3.
Nel caso di
catene ramificate, si dà al composto il nome che gli
compete relativamente alla catena più lunga, e si dichiarano sostituenti
tutte le catene laterali, che vengono lette con la loro posizione. Il gruppo
CH
3― è detto
metile, il
CH
3―CH
2―
etile, il
CH
3―CH
2―CH
2―
propile,
ecc.; un radicale generico di questo tipo, indicato di solito con R―,
è detto
alchile (v.). Così il
composto:

è il
3-etil-5,5,7-trimetiledecene-1 in quanto la catena più lunga (con
gli atomi numerati) è composta da 10 °C; si ha poi un etile sul 3
°C e tre metili (due sul 5 °C e uno sul 7°). La numerazione va
data cercando di avere numeri più bassi possibili per indicare la
posizione dei sostituenti, compatibilmente con la necessità di dare un
numero il più basso possibile al doppio legame (o al triplo, o ad altri
gruppi funzionali diversi dagli alchili). Il radicale del
benzene
(V.) cioè il
C
6H
5-aromatico viene detto
fenile. Il
composto:

si leggerà
4-fenil-esa-1,3-dien-5-ino; con ciò è stabilita la
posizione di tutte le insaturazioni e del sostituente. Si noti l'inserzione
della parola
esino, per indicare la presenza di due doppi legami (in
posizione 1 e 3) e la posizione del triplo legame (sul 5° atomo). I
derivati per sostituzione di atomi di idrogeno con gruppi funzionali hanno
anch'essi un nome scientifico. Gli
alcoli, che posseggono il gruppo
―OH legato ad un carbonio non carbossilico, prendono la desinenza
-
olo con una cifra che indica al solito la posizione del sostituente.
Esempi:

Come si vede la presenza di due
gruppi alcolici è indicata dalla desinenza -
diolo accompagnata
dalle cifre che ne indicano la posizione. Per i
chetoni si usa la
desinenza -
one, seguita se necessario dalla cifra che indica la posizione
del gruppo caratteristico C = O.
Esempi:
CH
3―CO―CH
3 propanone (o
acetone)
CH
3―CO―CH
2―CH
3 2-butanone
(o etilmetilchetone)
Per gli
acidi si usa invece la desinenza
-
oico. Esempi:

I composti
alogenati sono indicati molto semplicemente come mostra il seguente
es.:

ovvero
CHCl
2―CHBr―CHBrCl
1,1,3-tricloro-2,3-dibromopropano
Le
ammine hanno la desinenza -
ina, i derivati del gruppo
ammonio―NH
4 la desinenza -
onio; e così via.
Naturalmente l'argomento nomenclatura dei composti organici è tutt'altro
che esaurito in questa trattazione; si rimanda quindi ai testi di
c.o.
per ulteriori informazioni. Nello scrivere le formule è stata adottata
indifferentemente la scrittura per esteso o quella abbreviata
(V. L'ULTIMO ESEMPIO). Ciò è ormai
consueto nella
c.o.; la formula che indica ogni singolo legame è
usata però di rado; di solito ci si limita a mettere in evidenza i legami
più significativi, scrivendo gli altri come gruppi. Spesso si
sottintendono addirittura anche i legami semplici, semplificando ulteriormente
la scrittura. Vengono però di solito indicati i legami doppi o tripli, a
meno che questi facciano parte di un gruppo, e che quindi siano intuitivi. Ad
es. l'
acrilonitrile può essere scritto nei cinque modi
seguenti:
L'ultima formula corrisponde ad un uso abbastanza diffuso
(soprattutto negli USA) di indicare per brevità il doppio legame con due
punti. Tutte queste scritture (formule di struttura) sono immediate per chi
abbia una certa dimestichezza con la
c.o., e danno molte più
informazioni della semplice formula C
3H
3N la quale
potrebbe corrispondere anche ad altri composti, come lo
H
2C≡C―N=CH tanto per fare un esempio.